Per iniziare basta la convinzione che Dio agisce davvero!
CHE COSA SERVE PER PARTIRE
Al Convento di Roccamontepiano (2013)Ciò che è importante da parte nostra è offrire i «cinque pani e due pesci»: se il Signore vorrà realizzerà i suoi progetti. L'evangelizzazione e la catechesi sono opera di Dio; che senso avrebbe dunque voler realizzare i suoi progetti senza di Lui?

Chi comincia?

Forse nelle piccole realtà potrebbe essere più opportuno che sia il parroco a cominciare, guidando di persona almeno il primo gruppo di catechesi; se poi ci fossero laici già formati e soprattutto già esperti nella vita spirituale, potrebbero avviare di seguito altri eventuali gruppi; oppure si potrebbe attendere che nel frattempo si formi qualcuno in grado di proseguire questo servizio.

Ma in realtà più grandi, in cui sono presenti già diversi carismi e servizi, l’iniziativa può anche essere assunta ad esempio da un laico o da una religiosa che desiderino impegnarsi in questo servizio. Se non è possibile con il primo gruppo, è opportuno che almeno quelli successivi siano guidati da almeno tre catechisti, che possano condividere l'impegno di questo servizio e sostenersi a vicenda.

Di seguito («Punti fermi») sono delineate alcune caratteristiche fondamentali della catechesi e di conseguenza gli atteggiamenti e la mentalità che devono permeare i catechisti stessi. È anche doveroso ricordare che, se manca una preparazione teologica di base, si deve sentire il dovere di frequentare i corsi abitualmente proposti dalle parrocchie e dalle diocesi!

Punti fermi

Nonostante le tante modifiche apportate negli anni al progetto della catechesi con la Bibbia, alcuni elementi di base sono restati sempre in sottofondo, negli atteggiamenti, nelle scelte, nei contenuti; sono i punti fermi che la caratterizzano in modo speciale.

Fiducia in Dio

Il primo elemento è un’assoluta fiducia nell’opera di Dio. Non nel senso che dopo aver deciso tutto si chiede l’aiuto di Dio; ma nel senso di un’assoluta disponibilità a qualsiasi volontà di Dio: non si inizi la catechesi per esigenze umane (fare gruppo, avere gente attorno, ecc.), ma per la fame e sete della parola di Dio; non si inizi senza avere dei segni chiari (nella preghiera e nell’attesa delle persone). Si sia sempre pronti a cambiare qualsiasi cosa, fino all’ultima virgola. Nulla diventi un feticcio: onestamente abbiamo fin troppe persone che confondono Dio, la Chiesa e la fede con il proprio gruppo di appartenenza!

Un altro punto importante di questa fiducia in Dio è che il risultato non viene da noi, ma dalla potenza del suo Spirito che si manifesta nella nostra debolezza: «Questa è la parola del Signore a Zorobabele: Non con la potenza né con la forza, ma con il mio spirito, dice il Signore degli eserciti!» (Zaccaria 4, 6). E questo sarà vero se non vanteremo il nostro progetto, la nostra catechesi, se non penseremo di avere la miglior ricetta per la salvezza, se non avremo gelosia o possessività verso le persone.

La storia della salvezza

Un criterio importante di questo progetto è quello della «storia della salvezza».

Questa espressione si riferisce alla storia dell'incontro di Dio con l'uomo: all'offerta di salvezza, di misericordia, di grazia da parte del Signore e alla risposta libera e decisiva da parte dell'uomo.

C'è una storia di salvezza «particolare» che è quella descritta nella Bibbia, vissuta dal popolo di Dio, da Israele e dalla Chiesa apostolica, che è narrata nei libri della Bibbia, della Sacra Scrittura.

C'è una storia di salvezza «universale» che riguarda tutta l'umanità, ogni uomo, dunque ciascuno di noi. È la vicenda della nostra vita vista dal punto di vista della Grazia: la storia delle iniziative e degli interventi di Dio nella nostra esistenza e la storia delle nostre risposte e dei nostri rifiuti davanti all'amore di Dio.

La storia narrata nella Bibbia è la chiave, la misura, il metodo di interpretazione della nostra stessa vita, della nostra personale storia di salvezza: quello che è avvenuto nelle vicende del popolo di Dio avviene anche nella nostra vita personale e comunitaria!

Per questa ragione «Sulle orme d'Israele» tenta di seguire a grandi linee i passi della storia particolare della salvezza descritta nella Bibbia, per ritrovarvi, e comprendervi, la propria, personale, storia di salvezza.

Un cammino, molti cammini

La catechesi dev’essere un vero cammino di fede, con tappe e verifiche in vista di una reale integrazione fede-vita; cioè chi vi partecipa deve accorgersi di progredire, magari a piccoli passi; perciò si deve mostrare chiarezza nella proposta, evitando di far pensare che si partecipi a un corso di cultura biblica o a un gruppo di fraternità cristiana.

Tuttavia non si può non tener conto che ognuno proviene da percorsi diversi, per cui occorre sempre molta pazienza e voglia di adattarsi alle persone, senza costringerle nel nostro schema mentale. Del resto nessuno di noi può sapere esattamente quale sia il cammino che il Signore desideri far compiere a ciascuno e per quali ragioni.

Dev’essere anche molto chiaro che la catechesi non può essere finalizzata ad ottenere collaboratori parrocchiali, ma ad ottenere adulti cristiani credenti. Il rischio di strumentalizzare i cammini formativi per una nostra finalità pratica è sempre presente e porta al fallimento in partenza: noi non siamo i padroni della fede altrui, ma collaboratori di Dio; e Dio darà al parroco e alla parrocchia quanto necessario!

La mentalità catecumenale

Una delle intuizioni di fondo che ispira questo progetto di catechesi è quella di prendere a modello la mentalità missionaria e catecumenale delle Chiese di recente fondazione.

Dal momento che per le nazioni di antica cristianità si parla di «nuova evangelizzazione», è perciò di grande utilità ispirarsi all’esperienza delle comunità missionarie, delle comunità che si sentono in perenne stato di missione: come si converte e come si inizia alla vita cristiana uno che cristiano non è mai stato? È semplice: si comincia da capo! Cioè non si presuppone nulla, ma si comincia dall’inizio nel lavoro di evangelizzazione e di catechesi; costruendo le cose con ordine: prima la base (l’evangelizzazione e la risposta di fede), poi tutto il resto (catechesi, vita morale, impegno...).

Da ciò nasce l’atteggiamento catecumenale tipico di una chiesa missionaria, nella quale tutti sono in cammino e tutti si fanno missionari e, pur essendoci vari gruppi di catecumeni, non c’è mai separazione tra di essi, o tra di essi e la comunità o tra la comunità e i catecumeni da una parte e i non cristiani dall’altra. Tutti si sentono corresponsabili della sorte dei fratelli con la pazienza e la misericordia di una madre, di una Chiesa-Madre.

Dalla mentalità catecumenale si apprende anche la personalizzazione del cammino: anche se il percorso si svolge in un gruppo-comunità si deve porre il massimo impegno nel cercare di favorire al meglio il cammino personale di ciascuno, rispettandone i tempi e i passi di maturazione.